2/28/2009

USI CIVICI in Basilicata - IL TRIBUNALE DI MELFI CHIARISCE DEFINITIVAMENTE LA QUESTIONE DEI CANONI: NESSUNA ESTINZIONE E/O PRESCRIZIONE




Dal mensile RIFLESSIONI di Febbraio 2009 (pag.1 e pag. 3)


Comuncato stampa del Comune di Barile (Pz):
Accogliendo le tesi sostenute dai legali del Comune di Barile, validamente coadiuvati dal Coordinamento Regionale per la Basilicata della Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva di Trento, con ordinanza del 13/11/2008 il Tribunale di Melfi ha definitivamente riconosciuto la mancata prescrizione/estinzione dei canoni di natura enfiteutica che gravano sui terreni civici ed ex civici (ora allodiali) oggetto di ordinanze di legittimazione/quotizzazione (livelli catastali).

Ricapitoliamo i fatti: in base a precise disposizioni legislative (L. 1766/1927 e successive), il Comune di Barile, a tutela dei diritti della collettività, ha il dovere di riscuotere i canoni di occupazione delle terre demaniali civiche ed ex civiche; in seguito alle richieste di pagamento avanzate dall’Ente sono stati presentati, dagli avvocati Stefano Zotta e Mauro Serra, svariati ricorsi per contestare il diritto della collettività di riscuotere tali canoni; il Tribunale di Melfi, dopo aver inizialmente concesso (Ordinanza del 17/06/2008) la sospensiva delle ingiunzioni di pagamento richiamando incautamente l’art. 6 della L.R. 57/2000, ed in seguito al ricorso dei legali del Comune, con la citata Ordinanza del 13/11/2008 ha definitivamente revocato la sospensiva, ritenendola illegittima.
Non credo di esagerare nell’affermare che tale Ordinanza rappresenta una svolta per le situazioni in essere: finalmente un Tribunale si è espresso, è entrato nel merito della questione, ha confermato esattamente le nostre posizioni ed ha condiviso le nostre idee; un elogio particolare va ai Magistrati che hanno validamente operato in una materia certamente molto ostica e poco conosciuta” è quanto ha affermato il Presidente del Coordinamento Regionale per la Basilicata della Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva, nonché Vicepresidente della Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva con sede a Trento, Perito Demaniale Michele Labriola di Potenza. 
Chiariti tutti gli aspetti fondamentali della riscossione dei canoni: il Tribunale di Melfi non solo conferma la propria competenza (e non del Giudice di Pace) trattandosi di diritti reali immobiliari (punto 2), ma soprattutto non ritiene violato l'art. 6 della L.R. 57/2000 (articolo che regola gli incarichi ai periti demaniali per le sole sistemazioni delle terre civiche) in quanto tale norma non regola la riscossione delle somme.
Elemento ancora più importante: non ritiene, comunque, il Tribunale, che la riscossione possa essere sospesa per vizi degli atti amministrativi presupposti, a meno che la parte interessata non deduca e dimostri che quegli atti siano stati impugnati, e sospesi dall'autorità competente – il Tribunale Amministrativo Regionale –, e quest'ultima è considerazione generale, attiene a tutte le doglianze che gli opponenti sollevano circa pretese illegittimità di atti dell'amministrazione comunale (come [...] l'eventuale omissione della attività prodromica di cui alla l.r. n. 57/2000; etc.) (punto 4).
In più:
- al punto 5.b, in merito ad una circolare della Regione Basilicata, afferma che una circolare non può, già in astratto, spogliare un Ente dei poteri conferiti dalla legge, e conferma che la riscossione dei canoni può essere affidata a concessionari della riscossione;
- al punto 5.f conferma la validità della procedura adottata dal Comune di Barile per la riscossione dei canoni ed afferma che le modalità ed i principi di aggiornamento del canone non appaiono né irragionevoli, né illegittimi e che la scelta dei valori agricoli medi della Regione (V.A.M.) non appare affatto incongrua o irragionevole;
- al punto 5.g conferma che "il diritto del concedente è imprescrittibile" e che i canoni non si prescrivono se non a causa della mancata riscossione dopo un quinquennio: si prescrive, quindi, solo l'annualità del canone e non già il diritto alla riscossione dello  stesso;
- al punto 5.h che "l'omesso pagamento del canone, per qualsiasi tempo protratto, non giova a mutare il titolo del possesso, neppure nel singolare caso che al pagamento sia stata attribuita dalle parti efficacia ricognitiva". Il mancato pagamento del canone non genera gli effetti utili ai fini del configurarsi del possesso ad usucapionem.
In pratica viene anche dichiarata la mancata prescrizione/estinzione dei canoni finanche nel caso in cui, ai sensi dell’art. 969 del Codice Civile, il Comune non ha effettuato la ricognizione del proprio diritto entro i venti anni.
Dopo l’Ordinanza del Tribunale di Potenza del 29/03/2007 e l’Ordinanza del Tribunale di Matera del 30/09/2008 (con cui sono state rigettate le istanze di sospensione degli avvisi di pagamento e delle ingiunzioni), anche il Tribunale di Melfi ha confermato il diritto della collettività di esigere dagli occupatori/assegnatari dei terreni civici un giusto ed equo canone di occupazione.
Coloro che si affannano nel sostenere l’estinzione dei canoni cercano in tutti i modi di ingannare i malcapitati aggrappandosi addirittura a leggi ormai abrogate, come la famosa Legge 16/1974 che, oltre a non riguardare i canoni in questione, è stata addirittura cancellata dall’art. 24 del D.L. 112/2008 convertito in L. 133/2008.
Nella speranza che i malcapitati cittadini rinuncino nel proseguire l’azione giudiziaria in corso che produrrà solo inutili spese legali, si informa che copia integrale dell’Ordinanza del Tribunale di Melfi è disponibile presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Barile e che, dietro semplice richiesta all’indirizzo email demaniocivico@gmail.com, verrà spedita a tutti coloro che vorranno esaminare i dettagli del dispositivo. Si consiglia a tutti di leggerla attentamente in quanto chiarisce definitivamente la questione.
E’ allo studio dell’Ente, in collaborazione con i propri legali, una soluzione che riduca il più possibile le spese legali per tutti coloro che verseranno i canoni arretrati e interromperanno i ricorsi in corso; si invitano pertanto tutti gli interessati ad effettuare quanto prima il pagamento dei canoni ricordando che, come ribadito dai vari Tribunali lucani, il solo strumento valido per la cancellazione del canone resta l’istituto dell’affrancazione.
Barile, lì 19 Gennaio 2009                              
L'Amministrazione Comunale






11/20/2008

LEGGI REGIONALI - REGIONE UMBRIA

IN COSTRUZIONE

USI CIVICI: Nasce in Basilicata il Coordinamento Regionale della Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva



Nell'assemblea generale della Consulta Nazionale della Proprietà collettiva, tenutasi il 20 novembre 2008 presso la Facoltà di Economia dell'Università di Trento, è stata deliberata l'adesione alla Consulta del Coordinamento Regionale per la Basilicata.

In qualità di rappresentante del Coordinamento Regionale per la Basilicata, il Perito Demaniale Michele Labriola entra a far parte del Comitato Direttivo della Consulta Nazionale della Proprietà collettiva con la carica di Vicepresidente.

La “Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva” (http://www.jus.unitn.it/usi_civici/consulta/home.html) ha la sua sede presso il “Centro Studi e Documentazione sui Demani Civici e le Proprietà collettive” (http://www.jus.unitn.it/usi_civici/home.html) dell'Università degli Studi di Trento, in via Prati n. 2 - 38100 Trento, ed è un’associazione senza fine di lucro che si pone l'obbiettivo di conservare, sviluppare ed approfondire le peculiarità storiche, giuridiche, istituzionali, economiche e culturali delle proprietà collettive e dei domini civici attraverso ricerche, iniziative e manifestazioni idonee ad una maggior conoscenza della materia e alla difesa e valorizzazione dei demani civici e dei diritti collettivi.

Alla luce della recente Legge Regionale della Basilicata n. 15/2008, il Coordinamento Regionale per la Basilicata della Consulta Nazionale si prefigge il compito di unire gli interessi dei Comuni lucani per una gestione ottimale ed uniforme dei terreni gravati da usi civici (chiamati impropriamente anche livelli), per uno scambio di esperienze e di conoscenze tecnico-giuridiche nella materia.

Usucapione (nell'enfiteusi)

L'usucapione, in latino usucapio, è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario basato sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso su una cosa. In Italia è regolato dagli articoli 1158 e seguenti del codice civile.

Nell'enfiteusi, il diritto del concedente a riscuotere il canone non si estingue per usucapione per il preciso disposto dell’art. 1164 del Codice Civile (interversione del possesso): si può usucapire solo il diritto dell'enfiteuta, mentre il dominio diretto è imprescrittibile; ai sensi dell'art. 1164 del Codice Civile (e prima ancora l'art. 2116 del vecchio Codice Civile abrogato), l'enfiteuta non può usucapire il diritto del concedente; secondo svariate pronunce della Cassazione (4231/76 - 323/73 - 2904/62 - 2100/60 - 177/46), tutte concordi, "l’omesso pagamento del canone, per qualsiasi tempo protratto, non giova a mutarne il titolo del possesso, neppure nel singolare caso sia stata attribuita dalle parti efficacia ricognitiva".

L’esercizio del potere di ricognizione di cui all'art. 969 del C.C. si applica solo per le enfiteusi a tempo (casi singolari), e non riguarda quindi le enfiteusi perpetue: ai sensi dell’art. 958 del Codice Civile le enfiteusi sono perpetue quando non viene stabilita la durata.

Le enfiteusi in cui non viene fissato un termine sono a tutti gli effetti perpetue e come tali, non va esercitato nessun potere di ricognizione in quanto, ai sensi dell’art. 1164 del Codice Civile, se non muta il titolo del possesso dell’enfiteuta, tale enfiteuta non può usucapire la proprietà e quindi il canone non è prescritto; la ricognizione è un diritto riconosciuto al concedente (e non un dovere) per impedire all'ex enfiteuta (ma solo per le enfiteusi a tempo, dopo la loro scadenza) di usucapire il terreno. "Trattasi, quindi, di una mera facoltà e non di un obbligo, nel senso che il concedente, se non vuole esercitarla, non perde, per ciò solo, il suo diritto sulla cosa" (Cassazione n. 2904 del 10/10/1962).

Ancora più recentemente la Corte di Cassazione, con sentenza n. 41114 del 2003, ha affermato che ai fini dell’usucapione del domino diretto (rectius, piena proprietà) da parte dell’enfiteuta non sono sufficienti a determinare l’interversione del possesso di un fondo il mancato pagamento del canone né il comportamento dell’enfiteuta che, alla scadenza del rapporto, sia rimasto nel godimento dell’immobile.

L'interversione del possesso, quindi, non può consistere in un semplice atto volitivo interno del detentore, ma deve estrinsecarsi in uno o più atti esterni dai quali possa desumersi la modificata relazione di fatto con la cosa detenuta, in opposizione al possessore. Deve, cioè, desumersi che il detentore nomine alieno abbia cessato di possedere in nome altrui ed iniziato un possesso in nome e per conto proprio, e tale atteggiamento, pur potendo realizzarsi con il compimento di atti materiali che manifestino l'intenzione di esercitare il possesso in nome proprio, deve anche essere inequivocabilmente rivolto contro il possessore, ovvero contro colui per conto del quale la cosa era detenuta, in modo da rendere esteriormente riconoscibile all'avente diritto che il detentore intenda sostituire, alla preesistente intenzione di subordinare il proprio potere a quello altrui, l'animus di vantare per sé il diritto esercitato, convertendo, così, in possesso la detenzione precedentemente esercitata.

In pratica, la corretta applicazione dell'art. 1164 del C.C. (chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il Titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il Titolo del possesso è stato mutato) prevede che, chi volesse usucapire il diritto del concedente, debba innanzitutto fare opposizione contro il diritto del proprietario e, solo dopo 20 anni, può usucapire, dinanzi ad un giudice, la piena proprietà. 

Commissariato per la liquidazione degli Usi Civici

Il Commissariato agli usi civici, o meglio Commissario per la liquidazione degli usi civici è un magistrato speciale, a dispetto del nome, istituito dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, con il compito di regolare i conflitti in materia di legislazione degli usi civici.

Visti in principio come un elemento di arretratezza da eliminare - da cui il nome dell'allora istituendo organo - oggi si dà maggior risalto alla tutela che tale giudice deve assicurare all'ambiente ed al paesaggio, oltre che alle funzioni economiche che - nell'ambiente rurale - gli usi civici possono ancora rivestire.

Cenni storici
Il Commissario per la liquidazione degli usi civici venne istituito dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, col compito precipuo di liquidare gli usi demaniali e civici insistenti sui terreni privati mediante la cessione alle comunità utenti di una porzione delle terre gravate. Infatti, in quell'epoca le servitù collettive gravanti sulle proprietà fondiarie detti anche usi civici erano viste con un particolare sfavore, come un retaggio medioevale che impediva lo sviluppo dell'agricoltura moderna. Venne pertanto prevista l'istituzione di questo particolare organo, per regolare la liquidazione degli usi civici o, come si esprime il legislatore, per l'affrancazione dei fondi, con forti poteri inquisitori sia di tipo giurisdizionale che amministrativo.

Diversa, invece, è la destinazione data dalla legge 16 giugno del 1927 ai diritti civici esercitati sulle terre comunali e frazionali, che (art. 12) devono essere riordinati e conservati se dette terre abbiano natura silvo-pastorale. In tal caso, le terre restano soggette ad un regime di inalienabilità, inusucapibilità, indivisibilità simile a quello delle terre del demanio pubblico, e tutelate anche nei loro aspetti naturalistici da un vincolo di destinazione. Nel caso, invece, in cui le terre siano convenientemente utilizzabili per le colture agrarie, si prevedeva la quotizzazione delle stesse in enfiteusi ai coltivatori.

Il modello cui il legislatore del 1927 s'era riferito era quello dei Commissari ripartitori istituiti, nel Regno di Napoli, nel quadro dell'eversione della feudalità, a partire dall'inizio del XIX secolo.

Diverse erano state, nel periodo precedente al 1927, le scelte istituzionali per affrontare il problema in altre zone d'Italia. Ad esempio, in Sardegna, con legge del 1865, s'era forzatamente eliminato l'istituto di maggiore estensione, gli ademprivi sardi che interessavano una superficie di 700.000 ettari. Ancor prima, nel 1820, l'editto delle chiudende aveva stabilito il diritto dei proprietari sardi di escludere il diritto degli aventi diritto agli usi civici, presentando domanda al Prefetto, il quale nella sua qualità d'Intendente, sentito, in Consiglio raddoppiato, il voto delle Comunità interessate, procederà secondo le norme, che saranno stabilite.

Con la legge del 1927 si è, invece, prevista la figura di un apposito Commissario, che deteneva in sé, come si è detto, sia i poteri amministrativi che quelli giurisdizionali. Con l'istituzione delle Regioni a statuto ordinario negli anni settanta, venne deciso il trasferimento dei poteri amministrativi del Commissario a questi nuovi enti locali, lasciando, tuttavia, intatto il potere giurisdizionale, con il DPR 24 luglio 1977 n. 616. Nel 1993, l'articolo 5 della legge n. 491, trasferisce le competenze in materia di Commissariati agli usi civici esercitate dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste al Ministero della Giustizia, per la soppressione del primo dicastero in seguito a referendum. Resta comunque in vigore, per le parti non modificate dalle norme citate, la legge 1766 del 16 giugno 1927.

Funzioni ed organizzazione
Le funzioni dei Commissari sono delineate dalla Legge 16 giugno 1927, n. 1766. Essa concerne, come predetto, la tutela degli usi civici, la risoluzione dei conflitti su di essi, sui demani comunali e i domini collettivi, nonché la liquidazione degli usi civici su terre private, sulla destinazione delle terre di originaria appartenenza di comunità o pervenute a comuni, frazioni, associazioni in seguito ai vari procedimenti previsti dalla stessa normativa.
La struttura dei Commissari è parificata a quella di sezione specializzata di Corte d'appello, ove ha sede. I commissari, infatti, sono magistrati con grado non inferiore a quello di Corte d'Appello.

Competenza territoriale
La competenza territoriale dei Commissariati, che ha subito diverse modifiche dal tempo della loro istituzione, coincide oggi, a seconda dei casi, col territorio di una, due o tre Regioni.

Attualmente i Commissariati agli usi civici sono nel numero di quattordici, qui l'elenco aggiornato:
- di Piemonte e Liguria, competente anche per la Valle d'Aosta, con sede a Torino;
- della Lombardia, con sede a Milano;
- del Veneto, con sede a Venezia;
- del Trentino Alto Adige, con sede a Trento;
- del Friuli-Venezia Giulia, con sede a Trieste;
- dell'Emilia Romagna e Marche, con sede a Bologna;
- di Lazio, Toscana e Umbria, con sede a Roma;
- dell'Abruzzo, con sede all'Aquila;
- di Campania e Molise, con sede a Napoli;
- della Puglia, con sede a Bari;
- della Basilicata, con sede a Potenza;
- della Calabria, con sede a Catanzaro;
- della Sicilia, con sede a Palermo;
- della Sardegna, con sede a Cagliari.

Giurisdizione d'appello
Le sentenze dei Commissari agli usi civici possono essere appellate esclusivamente di fronte:
- alla Sezione specializzata per gli usi civici della Corte d'Appello di Palermo, se provengono dal Commissariato per la Sicilia;
- alla Sezione specializzata per gli usi civici della Corte d'Appello di Roma, se provengono dagli altri tredici Commissariati.

L'ambito amministrativo
A norma dell'art. 66 del DPR n. 616/1977, le funzioni amministrative già del Commissario agli Usi Civici sono trasferite alle Regioni. Da tale data esse non sono più esercitate dai Commissari, con la sola eccezione del Commissario di Trieste. In alcune regioni è in atto il rilancio dell'istituto, rivisto come una possibilità di un miglior utilizzo dei beni demaniali, non più inteso solo in senso di fonte di reddito, ma anche come modo di conservazione dell'ambiente e dei valorizzazione delle tradizioni del mondo rurale.

USI CIVICI: Studio 777 del 21/05/1994 della Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato

COMMERCIABILITÀ DEI TERRENI SOGGETTI AD USO CIVICO - Sunto (per il testo integrale scaricare il file allegato):


1. Tematiche d'interesse notarile.
Il tema dell'uso civico ha affascinato soprattutto gli storici del diritto, mentre gli studiosi del diritto vigente se n'erano occupati finora soltanto di passaggio, prevalentemente sul versante del diritto pubblico, alla ricerca dell'esatta collocazione sistematica del godimento collettivo a favore delle popolazioni che potevano invocare l'uso civico. Solo di recente è stata data maggiore consistenza alla trattazione della materia, con opere monografiche di vasto respiro.
La giurisprudenza della Cassazione sembra prevalentemente orientata a ritenere che l'atto in violazione delle norme della legge del 1927 sugli usi civici sia nullo per impossibilità dell'oggetto, ciò per l'incommerciabilità del terreno soggetto ad uso civico ed afferma che un atto del genere sia nullo insanabilmente in tutti i casi, senza possibilità di sanatoria.
Le terre private gravate da uso civico possono trovarsi in una delle seguenti situazioni:
a) procedura di liquidazione dell'uso civico non ancora iniziata o tuttora in corso;
b) procedura di liquidazione dell'uso civico già conclusa o con lo scorporo di una parte del terreno a favore del Comune, oppure con l'imposizione al privato proprietario di un canone a favore del Comune, canone che può essere affrancato o meno, fermo restando che l'estinzione dell'uso civico e la piena privatizzazione del fondo agricolo potrà aversi soltanto con l'affrancazione del canone, mediante il versamento, in unica soluzione, di una somma pari a venti volte l'importo del canone stesso.
Nell'ipotesi sub a) l'uso civico non è stato ancora liquidato, ma trattandosi di terreno di dominio privato, il terreno stesso è commerciabile, poiché nessuna norma né della legge del 1927, né del regolamento del 1928 ne prevede l'inalienabilità. E' peraltro chiaro che l'alienazione del terreno, pur valida sul piano civilistico, non sarà tale da estinguere gli usi civici, che continueranno ad insistere sul fondo, limitandone il dominio, ma non impedendo l'esercizio di facoltà, come la facoltà di alienazione, che possono convivere con l'utilizzazione del fondo per gli usi della collettività locale. I notai vengono consigliati in tal caso di far emergere dal testo del rogito gli usi civici gravanti sul terreno;[11] ciò a dimostrazione dell'esigenza di informare la parte acquirente delle limitazioni cui essa va incontro con l'atto di acquisto.
Nell'ipotesi sub b) se si è verificata l'affrancazione, con il pagamento della somma pari a venti volte il canone di natura enfiteutica, il terreno può considerarsi del tutto liberato dagli usi civici, con la conseguenza che in tal caso il terreno sarebbe alienabile, suscettibile di utilizzazione diversa (anche edilizia) ed assoggettato a tutte le norme codicistiche che disciplinano il privato dominio.
Se invece l'affrancazione non si è ancora verificata, il bene, pur trasferibile, deve ancora ritenersi assoggettato ad uso civico e sarebbe opportuno, sul piano del più lineare esercizio della professione notarile, che il notaio indicasse l'esistenza degli usi civici in atto, per informarne adeguatamente soprattutto la parte acquirente.
Va in proposito sottolineato che la legge del 1927 (art. 7) parla di "canone di natura enfiteutica"espressione che, peraltro, secondo l'opinione della giurisprudenza, non significa "canone enfiteutico", [14]tant'è che da parte della dottrina si ritiene che non trovi applicazione la disciplina codicistica: ad es. l'art. 972 (infatti il mancato pagamento del canone non dà luogo a devoluzione), l'art. 960 (non sussiste l'obbligo di migliorare il fondo proprio dell'enfiteuta), l'art. 970 (non sussiste la prescrizione per non uso ventennale prevista per il diritto dell'enfiteuta).[15]

[11] Così Nota Assessorato Agricoltura e foreste Regione Lazio, 11 giugno 1990, prot. 3375.

[14] V. in questo senso Cons. Stato, 21 ottobre 1953, n. 852; App. Roma, Sez. Usi civici, 12 dicembre 1950, in Giur. compl. cass. civ., 1951, I, 801, con nota di JANNITTI PIROMALLO.

[15] V. in questo senso JANNITTI PIROMALLO, Natura giuridica dei canoni demaniali, in Giur. compl. cass. civ., 1951, I, 801; sostanzialmente nello stesso senso v. CERULLI IRELLI, Proprietà pubblica, cit., pag. 245, il quale peraltro afferma che ciò non esclude che il canone debba essere rivalutato, ad impedire un danno per i diritti delle popolazioni.

Censo riservativo (o dominicale) e censo consegnativo

Il censo è un contratto pecuniario di notevole interesse, di cui si hanno due tipi. Nel più antico, il censo riservativo o dominicale, il proprietario di un fondo lo cede in proprietà ad una persona che si impegna a pagargli in perpetuo una rendita annua; il contratto, assimilabile alla costituzione di una rendita fondiaria, è un mezzo per stimolare lo sfruttamento delle terre incolte durante la rinascita demografica dei secc. XI-XIII, quando è particolarmente frequente.

Tra il sec. XV ed il XVI giunge a completa definizione giuridica e morale un secondo tipo di censo, il censo consegnativo, con il quale il proprietario di un capitale (il creditore) ne cede l’uso per un certo periodo ad una persona (il debitore) che si impegna a versargli durante lo stesso periodo una somma annua (detta censo), attingendola dal reddito di un bene immobile prestabilito.


LEGGI REGIONALI USI CIVICI - REGIONE LOMBARDIA


- L.R. 24 maggio 1985, n. 52 Norme organizzative in materia di usi civici, abrogata dall'art. 176 della LR 31/2008;

- L.R. 16 maggio 1986, n. 13 Norme procedurali in materia di usi civici, abrogata dall'art. 176 della LR 31/2008;

- L.R. 5 dicembre 2008, n. 31 Disposizioni sugli usi civici (dall'art. 165 all'art. 176)

SENTENZE CORTE D'APPELLO

- Sentenza del 05/12/2009 C.A.Roma: Usi Civici, dovuta l'indennità risarcitoria da parte degli Arbitrari occupatori, Corte d'Apello dà ragione al Comune

- Sentenza 516/2012 C.A.Bari: Canoni di legittimazione dovuti, nessuna prescrizione/estinzione