11/20/2008

Fondo Edifici di Culto

ISTITUTI DIOCESANI PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO 
Ai sensi dell’art. 21 della Legge 222/1985 è stato eretto, in ogni diocesi e con decreto del Vescovo diocesano, l’Istituto per il sostentamento del clero, mentre la Conferenza episcopale italiana ha eretto l’Istituto centrale per il sostentamento del clero col fine di integrare le risorse dei vari Istituti diocesani. 

Con l’art. 28 della Legge 222/1985 sono estinti la mensa vescovile, i benefici capitolari, i benefici parrocchiali, i benefici vicariali curati o comunque denominati, esistenti nella diocesi e i loro patrimoni sono trasferiti di diritto al corrispondente Istituto diocesano per il sostentamento del clero. L’istituto succede ai benefici estinti in tutti i rapporti attivi e passivi.

Tra le entrate di diritto privato degli Istituti, oltre alle oblazioni dei fedeli (art. 7, n. 3, Accordo 18/02/1984 tra Italia e Santa Sede), alle disposizioni per l'anima (art. 629 del Codice Civile), ai legati pii e alle fondazioni di culto (art. 12 Legge 222/1985), troviamo i redditi patrimoniali e le prestazioni terratiche (esempio il censo consegnativo o bollare, il censo riservativo o rendita fondiaria, le decime prediali, ex feudali, dominicali, i canoni enfiteutici) che sono state commutate in annue prestazioni fisse in denaro, ai sensi della Legge 4727/1887 che ha abolito soltanto le decime sacramentali.

I terreni concessi in enfiteusi/livello sono regolamentati dal Codice Civile.

Il canone enfiteutico ed il relativo capitale di affrancazione vengono calcolati dall'Agenzia del Territorio secondo la circolare prot. 29104 dell'11/05/2011 che riprende i dettati della Circolare del Ministero dell'Interno 09/09/1999, n. 118 con allegato parere CS 260/1999 dell'Avvocatura Distrettuale di L'Aquila.

Per l'affrancazione dei terreni concessi in enfiteusi/livello necessita rivolgersi direttamente all’Istituto per il sostentamento del clero in cui ricade il terreno.

FONDO EDIFICI DI CULTO
Con gli artt. 54, 55, 56 e 57 della Legge 222/1985 sono stati soppressi il Fondo per il culto, il Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma, le Aziende speciali di culto destinate, sotto varie denominazioni, a scopi di culto, di beneficenza e di religione (denominate Fondo clero veneto - gestione clero curato, Fondo clero veneto - gestione grande cartella, Azienda speciale di culto della Toscana, Patrimonio ecclesiastico di Grosseto), ed il relativo patrimonio è riunito in patrimonio unico con la denominazione di Fondo edifici di culto (F.E.C.): è un organo dello Stato con personalità giuridica di diritto pubblico e la sua amministrazione è affidata al Ministero dell'Interno che la esercita a mezzo della Direzione Centrale per l'amministrazione del F.E.C. e, in ambito provinciale, a mezzo dei Prefetti. Rientrano nel patrimonio del F.E.C. i patrimonio degli ex economati dei benefici vacanti e dei fondi di religione di cui all'articolo 18 della legge 27 maggio 1929, n. 848 (1).

Il patrimonio del  F.E.C. è costituito da beni di varia natura, ma principalmente da edifici sacri. L'origine del suo patrimonio deriva dalle leggi della seconda metà del 1800, con le quali lo Stato italiano si appropriò di gran parte dei beni della Chiesa cattolica.

Il predecessore del F.E.C. era il Fondo per il Culto, nato nel 1866 per la gestione del patrimonio immobiliare incamerato dallo Stato a scapito della Chiesa, che gestiva anche, fino al 1986, la Congrua (2). Fino al 1932 rimase gestito dal Ministero di Grazia, di Giustizia e dei Culti, per poi passare al Ministero dell'Interno. 

Il compito del  F.E.C. è di conservare le chiese aperte al culto pubblico, affidandole in uso all'autorità religiosa, e di assicurare il restauro e la conservazione degli edifici stessi e delle opere d'arte in essi custodite.

In Catasto, oltre alle intestazioni sopraindicate, è possibile trovare tali beni con l'intestazione DEMANIO DELLO STATO ASSE ECCLESIASTICO e AMMINISTRAZIONE DEL FONDO PER IL CULTO.

Per l'affrancazione dei terreni concessi in enfiteusi/livello necessita rivolgersi alle Prefetture di competenza.

L'affrancazione potrà essere gratuita, ossia “ope legis” se la valutazione dell’Agenzia del Territorio (come da Circolare prot. 29104 dell'11/05/2011), previo nulla-osta ministeriale, rileverà l’estinzione dei diritti del Fondo al 1° gennaio 1987, come previsto dall’art. 60  della Legge 222/1985 per i terreni con reddito dominicale inferiore alle vecchie lire 60.000 rivalutato al 01/01/1987, o, viceversa, onerosa, qualora il parere sarà di segno contrario, con susseguente quantificazione del capitale d’affrancazione. In alternativa, l’interessato potrà adire il Giudice Ordinario Civile per invocare  l'affrancazione giudiziale del bene ai sensi dell'art. 2 e successivi della Legge n. 607 del 22 luglio 1966.

Con Circolare n. 13/2007  del Ministero dell'Interno si regolamenta l'amministrazione del Patrimonio fruttifero del Fondo Edifici di Culto.

Con Circolare n. 1 del 06/07/2010 della Direzione Centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno, diretta a tutti i Prefetti d'Italia, si chiarisce che:
  • le affrancazioni "ope legis" e quelle con valore inferiore ad € 10.000,00, vanno adottata in sede locale (dai Prefetti) senza preventive autorizzazioni; 
  • andrà richiesto all'Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate) anche il canone da corrispondersi per i diritti reali e le cinque annualità pregresse; 
  • gli interessati che non affrancano dovranno versare il canone e le cinque annualità pregresse; ove gli stessi non aderiscano, dovranno essere immediatamente adite le vie legali

(1) La legge 27 maggio 1929, n. 848, reca "Disposizioni sugli enti ecclesiastici e sulle amministrazioni civili dei patrimoni destinati a fini di culto". L'art. 18 di detta legge prevede:

"18. Gli Economati generali ed i Subeconornati dei benefici vacanti sono soppressi. 
I patrimoni degli Econoniati generali dei benefici vacanti e dei Fondi di religione dei territori annessi al Regno in virtù delle leggi 26settembre 1920, n. 1322, e 19 dicembre 1920, n. 1778, e del R.D.L. 22 febbraio 1924, n. 211, sono riuniti in un patrimonio unico, che è destinato a sovvenire il clero particolarmente benemerito e bisognoso, a favorire scopi di culto, di beneficienza e di istruzione.
I redditi di tali patrimoni saranno congruamente integrati con appositi stanziamenti nel bilancio del Ministero dell'interno".

(2) L'assegno di congrua rappresentava una erogazione mensile effettuata dallo Stato italiano ai parroci, a guisa di stipendio. Esso si fondava su un riconoscimento del pregiudizio subito dalla Santa Sede a seguito della breccia di Porta Pia, nel 1870, e della conseguente fine del potere temporale papale ed annessione di Roma al regno d'Italia.
Fino al 1932 la spesa gravava sul bilancio del Ministero della Giustizia e degli Affari di Culto. Il beneficio era considerato diritto personalissimo dell'investito ed aveva natura di assegno alimentare, intrasmissibile agli eredi, i quali avevano però diritto alla percezione delle annualità di congrua maturate e non riscosse dal parroco. 
Dal 1º luglio 1932, la competenza delle attribuzioni in materia di affari di culto passò al Ministero dell'Interno. I pagamenti venivano effettuati su ruoli di spesa fissa, come avviene ancor oggi per i dipendenti statali, a cura degli Uffici Provinciali del Tesoro. 
Gli importi erogati non erano molto elevati tanto che spesso venivano stanziate in bilancio delle somme una tantum di integrazione. Per esempio ad un parroco - dal 1925 fino al 1944 - veniva liquidata la somma annua di 3.500 lire, negli anni '50 l'importo annuo era di poco superiore alle duecentomila lire e nel 1986, ultimo anno di pagamento della Congrua da parte delle Direzioni Provinciali del Tesoro, gli importi variavano tra gli otto e i dieci milioni di lire annue. 
Dal 31 dicembre 1986 - data di entrata in vigore dell'art. 21 della legge 20 maggio 1985, n. 222 - l'assegno di congrua è stato sostituito, per effetto delle modifiche al concordato del 1984, con il sistema dell'otto per mille, pagato direttamente alla Santa Sede dall'erario, quale quota del gettito fiscale annuo.

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