Provvedimento amministrativo (previsto dall'art. 12 della Legge 1766 del 1927 e dall'art. 41 del RD 332/1928) di competenza regionale, su richiesta degli Enti interessati, che consente di attribuire ai terreni di categoria A, così come stabiliti dall'art. 11 della Legge 1766 del 1927, utilizzabili come boschi e pascoli permanenti e solo dopo l'assegnazione, una diversa destinazione di tutte o parte delle terre quando essa rappresenti un reale beneficio per il territorio e per la collettività.
Secondo l’art. 11 della Legge 1766/1927 “I terreni assegnati ai comuni o alle frazioni in esecuzione di leggi precedenti relative alla liquidazione dei diritti di cui all’art. 1°, e quelli che perverranno ad essi in applicazione della presente legge, nonché gli altri posseduti da comuni o frazioni di comuni, università, ed altre associazioni agrarie comunque denominate, sui quali si esercitano usi civici, saranno distinti in due categorie: a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria”.
Secondo l’art. 12 della Legge 1766 del 1927 “Per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo secondo del titolo quarto del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267. I comuni e le associazioni non potranno, senza l’autorizzazione del ministero dell’economia nazionale [ora Regione], alienarli o mutarne la destinazione. I diritti delle popolazioni dei detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degli art. 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limiti stabiliti dall’art. 521 del codice civile”.
Secondo l’art. 11 della Legge 1766/1927 “I terreni assegnati ai comuni o alle frazioni in esecuzione di leggi precedenti relative alla liquidazione dei diritti di cui all’art. 1°, e quelli che perverranno ad essi in applicazione della presente legge, nonché gli altri posseduti da comuni o frazioni di comuni, università, ed altre associazioni agrarie comunque denominate, sui quali si esercitano usi civici, saranno distinti in due categorie: a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria”.
Secondo l’art. 12 della Legge 1766 del 1927 “Per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo secondo del titolo quarto del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267. I comuni e le associazioni non potranno, senza l’autorizzazione del ministero dell’economia nazionale [ora Regione], alienarli o mutarne la destinazione. I diritti delle popolazioni dei detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degli art. 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limiti stabiliti dall’art. 521 del codice civile”.
Secondo l’art. 41 del RD 332/1928 (regolamento di
attuazione della Legge 1766 del 1927) “Potranno
i Comuni e le Associazioni agrarie richiedere, ed il Ministro delle politiche
agricole e forestali consentire, che a tutte o parte delle terre sia data una
diversa destinazione, quando essa rappresenti un reale beneficio per la
generalità degli abitanti, quali la istituzione di campi sperimentali, vivai e
simili. In tal caso il decreto di autorizzazione conterrà la clausola del
ritorno delle terre, in quanto possibile, all'antica destinazione quando
venisse a cessare lo scopo per il quale l'autorizzazione era stata accordata.
Qualora non sia possibile ridare a queste terre l'antica destinazione, il
Ministro delle politiche agricole e forestali potrà stabilire la nuova
destinazione delle terre medesime”.
La destinazione originaria di un bene sottoposto a vincolo di uso civico, di norma agro-silvo-pastorale, non può essere oggetto di variazione di destinazione d’uso, nei Piani Regolatori Comunali, senza aver ottenuto dall’Ufficio regionale competente in materia di usi civici la previa autorizzazione di specie.
La destinazione originaria di un bene sottoposto a vincolo di uso civico, di norma agro-silvo-pastorale, non può essere oggetto di variazione di destinazione d’uso, nei Piani Regolatori Comunali, senza aver ottenuto dall’Ufficio regionale competente in materia di usi civici la previa autorizzazione di specie.
La destinazione dei beni di cat. A non è rigida ma può essere variata in relazione alle esigenze contingenti della collettività, ad esito di un procedimento tecnico-amministrativo di competenza regionale (art. 41 del RD 332/1928), secondo una ratio derivata dagli anteriori ordinamenti (Cass., sez. II, 30 marzo 1951, n. 698, in Giur. compl, cass. civ., 1952, I quadr., 1).
Ove la nuova destinazione venga a cessare, il decreto di autorizzazione prevede il ritorno delle terre alla destinazione originaria o ad altra da stabilirsi (Cons. St., sez. VI, 30 ottobre 1979, n. 755, in Cons. St., 1979, I, 1489).
E’ chiaro che l’istituto del mutamento di destinazione d’uso dei terreni gravati da uso civico è diventato sempre più importante con l’evoluzione socio-economica del paese, e con il passaggio da una concezione di valorizzazione agricola ad una concezione legata ad una più vasta accezione di governo del territorio.
Le leggi regionali in tema di usi civici si sono infatti in questi ultimi anni particolarmente occupate del legame tra pianificazione urbanistica e mutamento di destinazione d’uso dei terreni.
L’altro aspetto da evidenziare è il rapporto tra la pianificazione urbanistica ed il piano paesaggistico in presenza di usi civici. In base all’art. 145 del decreto legislativo 42/2004 il Piano Regolatore Generale deve conformarsi alle disposizioni del piano paesaggistico, e quindi se quest’ultimo contiene delle disposizioni in merito agli usi civici, lo strumento urbanistico comunale ne deve tenere conto, ed adeguarsi sia nella cartografia che nelle norme tecniche.
In Basilicata, il comma 2 dell'art. 5 della LR 57/2000 regolamenta i mutamenti di destinazione vincolando i proventi ai sensi dell'art. 24 della Legge 1766 del 1927: "Le terre civiche che lo strumento urbanistico destina a diverso utilizzo, sono trasferite dalla Regione, su richiesta del Comune interessato, al patrimonio disponibile comunale, a condizione che gli eventuali proventi siano destinati all’incremento, in estensione o in valore, del residuo demanio civico". Nel caso particolare di opere di generale interesse della popolazione e/o pubblico, le terre civiche vengono utilizzate senza oneri, ai sensi del comma 3 dell'art. 5 della LR 57/2000 "Le terre civiche destinate dallo strumento urbanistico a opere di generale interesse della popolazione, e/o pubblico, sono pure, su specifica richiesta del Comune, mutate di destinazione dalla Regione e trasferite al demanio comunale senza oneri".
In Basilicata, il comma 2 dell'art. 5 della LR 57/2000 regolamenta i mutamenti di destinazione vincolando i proventi ai sensi dell'art. 24 della Legge 1766 del 1927: "Le terre civiche che lo strumento urbanistico destina a diverso utilizzo, sono trasferite dalla Regione, su richiesta del Comune interessato, al patrimonio disponibile comunale, a condizione che gli eventuali proventi siano destinati all’incremento, in estensione o in valore, del residuo demanio civico". Nel caso particolare di opere di generale interesse della popolazione e/o pubblico, le terre civiche vengono utilizzate senza oneri, ai sensi del comma 3 dell'art. 5 della LR 57/2000 "Le terre civiche destinate dallo strumento urbanistico a opere di generale interesse della popolazione, e/o pubblico, sono pure, su specifica richiesta del Comune, mutate di destinazione dalla Regione e trasferite al demanio comunale senza oneri".
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