11/20/2008

Legge 31 gennaio 1994, n. 97 - Art. 12 su Usi Civici

Legge 31 gennaio 1994, n. 97 
(in Gazz. Uff., 9 febbraio 1994, n. 32, s.o.)
Nuove disposizioni per le zone montane (1) (2).   

(1) In luogo di Ministro/Ministero del tesoro e di Ministro/Ministero del bilancio e della programmazione economica, leggasi Ministro/Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ex art. 7, l. 3 aprile 1997, n. 94 e art. 2, d.lg. 5 dicembre 1997, n. 430.   
(2) Tutte le funzioni e i compiti svolti dal Ministro/Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, già sostitutivo dell'abrogato Ministro/Ministero dell'agricoltura e delle foreste, sono ora esercitati dalle Regioni, direttamente o mediante delega agli enti locali, e dal Ministero per le politiche agricole (d.lg. 4 giugno 1997, n. 143).

Preambolo 
  (Omissis).

Articolo 1
Art. 1. Finalità della legge.
1. La salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane, ai sensi dell'articolo 44 della Costituzione, rivestono carattere di preminente interesse nazionale. Ad esse concorrono, per quanto di rispettiva competenza, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali.   
2. Le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità della presente legge secondo le disposizioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.   
3. Quando non diversamente specificato, le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle comunità montane ridelimitate ai sensi dell'articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Ai fini della presente legge, per “comuni montani” si intendono “comuni facenti parte di comunità montane” ovvero “comuni interamente montani classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e successive modificazioni” in mancanza della ridelimitazione.   
4. Sono interventi speciali per la montagna le azioni organiche e coordinate dirette allo sviluppo globale della montagna mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell'habitat montano. Le azioni riguardano i profili: 
a) territoriale, mediante formule di tutela e di promozione delle risorse ambientali che tengano conto sia del loro valore naturalistico che delle insopprimibili esigenze di vita civile delle popolazioni residenti, con particolare riferimento allo sviluppo del sistema dei trasporti e della viabilità locale;     
b) economico, per lo sviluppo delle attività economiche presenti sui territori montani da considerare aree depresse;     
c) sociale, anche mediante la garanzia di adeguati servizi per la collettività;     
d) culturale e delle tradizioni locali.   
5. Le regioni e le province autonome concorrono alla tutela e alla valorizzazione del proprio territorio montano mediante gli interventi speciali, nel rispetto dell'articolo 4, comma 6, della Carta europea dell'autonomia locale, di cui alla legge 30 dicembre 1989, n. 439.   6. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai territori compresi nei parchi nazionali montani istituiti ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

Articolo 2
Art. 2. Fondo nazionale per la montagna. 
1. é istituito presso il Ministero del bilancio e della programmazione economica il Fondo nazionale per la montagna.   
2. Il Fondo è alimentato da trasferimenti comunitari, dello Stato e di enti pubblici, ed è iscritto in un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del bilancio e della programmazione economica. Le somme provenienti dagli enti pubblici sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al suddetto capitolo.   
3. Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli enti locali. Le risorse sono ripartite fra le regioni e le province autonome che provvedono ad istituire propri fondi regionali per la montagna, alimentati anche con stanziamenti a carico dei rispettivi bilanci, con i quali sostenere gli interventi speciali di cui all'articolo 1.   
4. Le regioni e le province autonome disciplinano con propria legge i criteri relativi all'impiego delle risorse di cui al comma 3.   
5. I criteri di ripartizione del Fondo tra le regioni e le province autonome sono stabiliti con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali.   
6. I criteri di ripartizione tengono conto dell'esigenza della salvaguardia dell'ambiente con il conseguente sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali eco-compatibili, dell'estensione del territorio montano, della popolazione residente, anche con riferimento alle classi di età, alla occupazione ed all'indice di spopolamento, del reddito medio pro-capite, del livello dei servizi e dell'entità dei trasferimenti ordinari e speciali.

Articolo 3
Art. 3. Organizzazioni montane per la gestione di beni agro-silvo-pastorali.   
1. Al fine di valorizzare le potenzialità dei beni agro-silvo-pastorali in proprietà collettiva indivisibile ed inusucapibile, sia sotto il profilo produttivo, sia sotto quello della tutela ambientale, le regioni provvedono al riordino della disciplina delle organizzazioni montane, anche unite in comunanze, comunque denominate, ivi comprese le comunioni familiari montane di cui all'articolo 10 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, le regole cadorine di cui al decreto legislativo 3 maggio 1948, n. 1104, e le associazioni di cui alla legge 4 agosto 1894, n. 397, sulla base dei seguenti princìpi:     
a) alle organizzazioni predette è conferita la personalità giuridica di diritto privato, secondo modalità stabilite con legge regionale, previa verifica della sussistenza dei presupposti in ordine ai nuclei familiari ed agli utenti aventi diritto ed ai beni oggetto della gestione comunitaria;     
b) ferma restando la autonomia statutaria delle organizzazioni, che determinano con proprie disposizioni i criteri oggettivi di appartenenza e sono rette anche da antiche laudi e consuetudini, le regioni, sentite le organizzazioni interessate, disciplinano con proprie disposizioni legislative i profili relativi ai seguenti punti:       
1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività diverse da quelle agro-silvo-pastorali, assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro-silvo-pastorale compreso l'eventuale maggior valore che ne derivasse dalla diversa destinazione dei beni;       
2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell'organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate;       
3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati, con annotazioni nel registro dei beni immobili, nonché degli elenchi e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti aventi diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali organizzazioni, singole o associate;       
4) le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni, comuni e comunità montane, garantendo appropriate forme sostitutive di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni stesse, nonché garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale.   
2. Fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali previste nel comma 1 continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, in quanto con essa compatibili. Comma abrogato dal comma 7 dell'art. 3 della Legge 20 novembre 2017, n. 168 (dal 13/12/2017).

Articolo 4
Art. 4. Conservazione dell'integrità dell'azienda agricola.   
1. Nei comuni montani, gli eredi considerati affittuari ai sensi dell'articolo 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203, delle porzioni di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto di affitto instauratosi per legge, all'acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici.   
2. Il diritto di cui al comma 1 è acquisito a condizione che i predetti soggetti dimostrino:     
a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire 500.000, salvo il caso di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria;     
b) che il fondo per il quale intendono esercitare il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa loro o della loro famiglia;     
c) di essersi obbligati, con la dichiarazione di cui all'articolo 5, comma 1, a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei anni;     
d) di essere iscritti al Servizio contributi agricoli unificati (SCAU) (1) ai sensi della legge 2 agosto 1990, n. 233, in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale.   
3. La disciplina prevista dal presente articolo non si applica nella provincia autonoma di Bolzano.   
(1) A decorrere dall'1 luglio 1995 il servizio per i contributi agricoli unificati (SCAU) è abrogato e le funzioni ed il personale sono trasferiti all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e all'Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro (INAIL), secondo le rispettive competenze, per effetto dell'art. 19, l. 23 dicembre 1994, n. 724.

Articolo 5
Art. 5. Procedura per l'acquisto della proprietà.
1. Gli eredi che intendono esercitare il diritto di cui all'articolo 4 devono, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di affitto, notificare ai coeredi, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la dichiarazione di acquisto e versare il prezzo entro il termine di tre mesi dall'avvenuta notificazione della dichiarazione.   
2. Il prezzo di acquisto è costituito, al momento dell'esercizio del diritto, dal valore agricolo medio determinato ai sensi dell'articolo 4 della legge 26 maggio 1965, n. 590.   
3. Qualora i terreni oggetto dell'acquisto siano utilizzati, prima della scadenza del periodo di cui all'articolo 4, comma 2, lettera c), a scopi diversi da quelli agricoli, in conformità agli strumenti urbanistici vigenti, gli altri coeredi hanno diritto alla rivalutazione del prezzo, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo già percepito, adeguato secondo l'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale rilevato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ed il valore di mercato conseguente alla modificazione della destinazione dell'area.   
4. Il prezzo di acquisto delle scorte, delle pertinenze e degli annessi rustici è determinato, al momento dell'esercizio del diritto, dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura o dall'organo regionale corrispondente.   
5. In caso di rifiuto a ricevere il pagamento del prezzo da parte del proprietario, gli eredi devono depositare la somma presso un istituto di credito nella provincia dove è ubicato il fondo, dando comunicazione al proprietario medesimo, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell'avvenuto deposito. Dalla data della notificazione si acquisisce la proprietà.   
6. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi della presente legge da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, si applicano le agevolazioni fiscali e creditizie previste per la formazione e l'arrotondamento della proprietà coltivatrice.

Articolo 6
Art. 6. Usucapione di fondi rustici e trasferimenti immobiliari.   
1. (Omissis) (1).   
2. (Omissis) (2).   
(1) Modifica l'art. 2, l. 10 maggio 1976, n. 346.  
(2) Modifica l'art. 5, comma 1, l. 10 maggio 1976, n. 346.

Articolo 7
Art. 7. Tutela ambientale.
1. I piani pluriennali di sviluppo socio-economico di cui all'articolo 29, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, hanno come finalità principale il consolidamento e lo sviluppo delle attività economiche ed il miglioramento dei servizi; essi inoltre individuano le priorità di realizzazione degli interventi di salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale, l'uso delle risorse idriche, la conservazione del patrimonio monumentale, dell'edilizia rurale, dei centri storici e del paesaggio rurale e montano, da porre al servizio dell'uomo a fini di sviluppo civile e sociale.   
2. Le previsioni di interventi per la salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente, mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale e l'uso delle risorse idriche, sono coordinate con i piani di bacino previsti dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni, e sono rese coerenti con gli atti di indirizzo e di coordinamento emanati ai sensi della predetta legge.   
3. Allo scopo di riconoscere il servizio svolto dall'agricoltura di montagna, la legge regionale disciplina la concessione, attraverso le comunità montane, di contributi fino al 75 per cento del loro costo per piccole opere ed attività di manutenzione ambientale concernenti proprietà agro-silvo-pastorali. Possono essere ammessi a contributo anche gli interventi svolti da imprenditori agricoli a titolo non principale.

Articolo 8
Art. 8. Caccia, pesca e prodotti del sottobosco.
1. Nei comuni montani la caccia, la pesca e la raccolta dei prodotti del sottobosco, che sono parte rilevante dell'economia delle zone montane, vanno finalizzate:     
a) alla tutela dell'ambiente e delle risorse naturali, secondo i princìpi di cui all'articolo 1 della legge 6 dicembre 1991, n. 394;     
b) all'impiego delle risorse per la creazione di posti di lavoro anche part time, di attività imprenditoriali locali, di attività da parte degli addetti al settore agro-silvo-pastorale e da parte dei proprietari ed utilizzatori dei terreni, anche organizzati in forma cooperativa e consortile.   
2. In sede di pianificazione della ripartizione dei territori per la gestione programmata della caccia ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e di regolamentazione della istituzione delle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie ai sensi dell'articolo 16 della stessa legge n. 157 del 1992, le regioni acquisiscono il parere delle comunità montane interessate, che vi provvedono entro sessanta giorni dalla richiesta.

Articolo 9
Art. 9. Forme di gestione del patrimonio forestale.
1. Le comunità montane, singolarmente o in associazione tra loro, nell'ambito del proprio territorio e d'intesa con i comuni ed altri enti interessati, sono tenute a promuovere la gestione del patrimonio forestale mediante apposite convenzioni tra i proprietari. Possono altresì promuovere la costituzione di consorzi forestali, anche in forma coattiva qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie interessata. Tutte le forme di gestione previste dal presente articolo possono godere dei benefici previsti dall'art. 139, R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, e successive modificazioni ed integrazioni.   
2. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari o forestali e il Ministero dell'ambiente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono attribuire alle comunità montane e ai comuni montani finanziamenti per interventi di forestazione o di agricoltura eco-compatibile nell'ambito del piano forestale nazionale, nonché finanziare le quote di parte nazionale previste dai regolamenti CEE a completamento delle erogazioni a carico del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEOGA) e di programmi comunitari.   
3. Le comunità montane individuano idonei ambiti territoriali per la razionale gestione e manutenzione dei boschi e promuovono in tali ambiti la costituzione di consorzi di miglioramento fondiario ai sensi degli articoli 71 e seguenti del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, ovvero di associazioni di proprietari riconosciute idonee dalle regioni e volte al rimboschimento, alla tutela ed alla migliore gestione dei propri boschi.   
4. Le comunità montane possono altresì essere delegate dalle regioni, dalle province e dai comuni alla gestione del relativo demanio forestale.   
5. Alle comunità montane e ai comuni montani, ai consorzi ed alle associazioni di cui ai commi 1 e 3 possono essere affidati con legge regionale compiti di manutenzione e conservazione del territorio a fini agricoli e paesistici, oltre che forestali, ed inoltre di tutela, assistenza tecnica, monitoraggio e ricomposizione ambientale e sorveglianza dei boschi di loro competenza. A tal fine detti organismi potranno beneficiare anche di contributi commisurati agli oneri derivanti dalle suddette attività, con finalità di interesse generale, assunti mediante apposite convenzioni pluriennali.

Articolo 10
Art. 10. Autoproduzione e benefici in campo energetico.
1. L'energia elettrica prodotta nei territori montani da piccoli generatori comunque azionati, quali aerogeneratori, piccoli gruppi elettrogeni, piccole centraline idro-elettriche, impianti fotovoltaici, con potenza elettrica non superiore a trenta kilowatt, o da gruppi elettrogeni funzionanti a gas metano biologico, è esentata dalla relativa imposta erariale sul consumo.   
2. Nei territori montani, in ragione del disagio ambientale, può essere concessa dal Comitato interministeriale prezzi (CIP) una riduzione, di cui lo stesso CIP determina la misura percentuale, del sovrapprezzo termico sui consumi domestici dei residenti e sui consumi relativi ad attività produttive.   
3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le amministrazioni provinciali, le comunità montane ed i comuni possono elargire contributi a favore dei residenti nei territori montani per allacciamenti telefonici e per il potenziamento delle linee elettriche a case sparse e piccoli agglomerati non inclusi nelle zone perimetrate destinate ad insediamenti residenziali.

Articolo 11
Art. 11. Esercizio associato di funzioni e gestione associata di servizi pubblici.  
1. Le comunità montane, anche riunite in consorzio fra loro o con comuni montani, in attuazione dell'art. 28, comma 1, della L. 8 giugno 1990, n. 142, promuovono l'esercizio associato di funzioni e servizi comunali con particolare riguardo ai settori di:     
a) costituzione di strutture tecnico-amministrative di supporto alle attività istituzionali dei comuni con particolare riferimento ai compiti di assistenza al territorio;     
b) raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani con eventuale trasformazione in energia;     c) organizzazione del trasporto locale, ed in particolare del trasporto scolastico;     
d) organizzazione del servizio di polizia municipale;     
e) realizzazione di strutture di servizio sociale per gli anziani, capaci di corrispondere ai bisogni della popolazione locale con il preminente scopo di favorirne la permanenza nei comuni montani;    
f) realizzazione di strutture sociali di orientamento e formazione per i giovani con il preminente scopo di favorirne la permanenza nei territori montani;     
g) realizzazione di opere pubbliche d'interesse del territorio di loro competenza.   
2. Per le finalità di cui al comma 1, i comuni montani possono delegare alle comunità montane i più ampi poteri per lo svolgimento di funzioni proprie e la gestione di servizi; in particolare, possono delegarle a contrarre, in loro nome e per loro conto, mutui presso la Cassa depositi e prestiti o istituti di credito, anche per la realizzazione di opere igieniche.   
3. I comuni e le comunità montane, nelle materie che richiedono una pluralità di pareri anche di più enti, adottano appropriate procedure di semplificazione dell'azione amministrativa ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Articolo 12
Art. 12. Servizi. Usi civici.
1. Alle comunità montane si applicano gli articoli 22, 23, 24, 25 e 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142.   
2. Nei comuni montani i decreti di espropriazione per opere pubbliche o di pubblica utilità per le quali i soggetti espropriati abbiano ottenuto, ove necessario, l'autorizzazione di cui all'articolo 7 della L. 29 giugno 1939, n. 1497, e quella del Ministero dell'ambiente, determinano la cessazione degli usi civici eventualmente gravanti sui beni oggetto di espropriazione (1).   
3. Il diritto a compensi, eventualmente spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espropriati, determinati dal Commissario agli usi civici, è fatto valere sull'indennità di espropriazione (2).   
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 10 maggio 1995, n. 156, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui, nel caso di espropriazione di terreni montani per opere pubbliche o di pubblica utilità, non prevede che sia sentito il parere della Regione interessata in merito alla cessazione dei diritti di uso civico esistenti sui beni espropriandi, quando il decreto di esproprio sia pronunciato da una autorità statale.   
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 10 maggio 1995, n. 156, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede che i compensi, eventualmente spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espropriati, sono determinati dal Commissario agli usi civici anziché dalla Regione.

Articolo 13
Art. 13. Interventi per lo sviluppo di attività produttive.   
1. (Omissis) (1).   
2. La normativa di cui al D.L. 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, concernente misure per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, è estesa anche ai comuni montani con meno di 5.000 abitanti non ricadenti nelle delimitazioni di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218.   
3. I criteri e le procedure applicative per l'estensione di cui al comma 2, ivi compresa la definizione della quota dei fondi in essere di cui al D.L. 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, a tal fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.   
4. Salvo quanto previsto dai commi 1, 2 e 3 del presente articolo, le regioni e la Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina, istituita con D.Lgs. 5 marzo 1948, n. 121, al fine di favorire l'accesso dei giovani alle attività agricole, agevolano le operazioni di acquisto di terreni proposte dai coltivatori diretti di età compresa tra i diciotto e i quaranta anni, residenti in comuni montani, nonché dalle cooperative agricole di cui all'art. 16, L. 14 agosto 1971, n. 817, che hanno sede in comuni montani e nelle quali la compagine dei soci cooperatori sia composta per almeno il 40 per cento da giovani di età compresa tra i diciotto e i quarant'anni residenti in comuni montani, dando ad essi preferenza, sino alla concorrenza del 30 per cento, nella ripartizione rispettivamente dei fondi destinati alla formazione della proprietà coltivatrice e delle disponibilità finanziarie annuali.   
(1) Sostituisce la lett. b) all'art. 1, comma 2, d.l. 22 ottobre 1992, n. 415, conv. in l. 19 dicembre 1992, n. 488.

Articolo 14
Art. 14. Decentramento di attività e servizi.
1. Il CIPE e le regioni emanano direttive di indirizzo tendenti a sollecitare e vincolare la pubblica amministrazione a decentrare nei comuni montani attività e servizi dei quali non è indispensabile la presenza in aree metropolitane, quali istituti di ricerca, laboratori, università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive, ospedali specializzati, case di cura ed assistenza, disponendo gli stanziamenti finanziari necessari.

Articolo 15
Art. 15. Tutela dei prodotti tipici.
1. Al fine di tutelare l'originalità del patrimonio storico-culturale dei territori montani, attraverso la valorizzazione dei loro prodotti protetti con “denominazione di origine” o “indicazione geografica” ai sensi del regolamento CEE n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, è istituito presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, avvalendosi delle relative strutture, l'Albo dei prodotti di montagna, autorizzati a fregiarsi della menzione aggiuntiva “prodotto nella montagna italiana”, da attribuirsi, sentite le comunità montane interessate, alle sole produzioni agroalimentari originate nei comuni montani sia per quanto riguarda la fabbricazione che la provenienza della materia prima.   
2. Le produzioni di cui al comma 1 possono fregiarsi della menzione aggiuntiva anche se aggregate a più vasti comprensori di consorzi di tutela.   
3. Il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali disciplina, con proprio decreto, i criteri e le modalità per l'iscrizione all'Albo e per l'uso della menzione “prodotto nella montagna italiana”.   
4. Con decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro del tesoro, viene determinato l'ammontare dei diritti annuali di segreteria idonei a garantire la copertura dei costi di funzionamento dell'Albo e da versare all'entrata del bilancio dello Stato.

Articolo 16
Art. 16. Agevolazioni per i piccoli imprenditori commerciali.   
1. Per i comuni montani con meno di 1.000 abitanti e per i centri abitati con meno di 500 abitanti ricompresi negli altri comuni montani ed individuati dalle rispettive regioni, la determinazione del reddito d'impresa per attività commerciali e per i pubblici esercizi con giro di affari assoggettato all'imposta sul valore aggiunto (IVA), nell'anno precedente, inferiore a lire 60.000.000 può avvenire, per gli anni di imposta successivi, sulla base di un concordato con gli uffici dell'amministrazione finanziaria. In tal caso le imprese stesse sono esonerate dalla tenuta di ogni documentazione contabile e di ogni certificazione fiscale.   
2. Per le imprese di cui al comma 1, gli orari di apertura e chiusura, le chiusure domenicali e festive, nonché le tabelle merceologiche sono definite con apposito regolamento approvato dal consiglio comunale.

Articolo 17
Art. 17. Incentivi alle pluriattività.
1. I coltivatori diretti, singoli od associati, i quali conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, in deroga alle vigenti disposizioni di legge possono assumere in appalto sia da enti pubblici che da privati, impiegando esclusivamente il lavoro proprio e dei familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine ed attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione e manutenzione del territorio montano, quali lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginature, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi, per importi non superiori a lire 30.000.000 per ogni anno.   
2. Le cooperative di produzione agricola e di lavoro agricolo-forestale che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge ed anche tramite apposite convenzioni, l'esecuzione di lavori e di servizi attinenti alla difesa e alla valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, il riassetto idrogeologico e la sistemazione idraulica, a condizione che l'importo dei lavori o servizi non sia superiore a lire 300.000.000 per anno.   
3. Le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali e relative pertinenze destinate all'esercizio dell'attività agrituristica di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, svolta in territori montani, sono assimilate alle costruzioni rurali di cui all'articolo 39 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

Articolo 18
Art. 18. Assunzioni a tempo parziale.
1. Le imprese e i datori di lavoro aventi sedi ed operanti nei comuni montani, in deroga alle norme sul collocamento della mano d'opera, possono assumere senza oneri previdenziali, a tempo parziale, ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, o in forma stagionale, coltivatori diretti residenti in comuni montani, iscritti allo SCAU (1) (2).   
2. I coltivatori diretti di cui al comma 1 conserveranno detta qualifica ad ogni fine ed effetto e manterranno l'iscrizione allo SCAU (2) in deroga a quanto previsto dal secondo e terzo comma dell'articolo 2 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, sempre che risiedano sul fondo e prestino opera manuale abitualmente nell'azienda agricola.   
3. I coltivatori diretti di cui al comma 1, in deroga alle vigenti disposizioni, non maturano il diritto a miglioramenti previdenziali e assicurativi nelle forme di tutela già in godimento per le attività di lavoro autonomo. Non maturano altresì alcun diritto previdenziale nei settori di appartenenza delle imprese e dei datori di lavoro che si avvalgono della loro opera (3).   
(1) Comma così modificato dall'art. 1, l. 29 novembre 1995, n. 513.   
(2) A decorrere dall'1 luglio 1995 il servizio per i contributi agricoli unificati (SCAU) è abrogato e le funzioni ed il personale sono trasferiti all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e all'Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro (INAIL), secondo le rispettive competenze, per effetto dell'art. 19, l. 23 dicembre 1994, n. 724.   
(3) Con d.lg. 23 dicembre 1997, n. 469, sono stati conferiti alle regioni, tra l'altro, i compiti relativi al collocamento, all'avviamento a selezione negli enti pubblici e nella pubblica amministrazione, ad eccezione di quello riguardante le amministrazioni centrali dello Stato e gli uffici centrali degli enti pubblici, e i compiti di preselezione ed incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Articolo 19
Art. 19. Incentivi per l'insediamento in zone montane.
1. Al fine di favorire il riequilibrio insediativo ed il recupero dei centri abitati montani, le regioni possono predisporre incentivi finanziari e premi di insediamento a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale e la propria attività economica, impegnandosi a non modificarla per un decennio, da un comune non montano ad un comune montano. Gli incentivi ed i premi di insediamento possono essere attribuiti a titolo di concorso per le spese di trasferimento, nonché di acquisto, ristrutturazione o costruzione di immobili da destinarsi a prima abitazione. Gli stessi benefici possono essere attribuiti ai già residenti. Le regioni individuano, sentite le comunità montane, i comuni montani con meno di 5.000 abitanti ai quali sono riservati i suddetti benefici, in ragione del patrimonio abitativo, della dotazione di servizi e dell'andamento demografico.

Articolo 20
Art. 20. Collaborazione tra soggetti istituzionali.
1. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, collaborano nel realizzare un equilibrato sviluppo territoriale dell'offerta di scuola materna e dell'obbligo nei comuni montani, mediante la conclusione di accordi di programma.   
2. Agli accordi di programma di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili o non espressamente derogate, le disposizioni di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142.   
3. Gli accordi di programma di cui al comma 1 sono attuati, a livello provinciale, previa intesa tra l'autorità scolastica provinciale e gli enti locali delegati.

Articolo 21
Art. 21. Scuola dell'obbligo.
1. Nei comuni montani con meno di 5.000 abitanti possono essere costituiti istituti comprensivi di scuola materna, elementare e secondaria di primo grado, cui è assegnato personale direttivo della scuola elementare e della scuola media secondo criteri e modalità stabiliti con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione.

Articolo 22
Art. 22. Riorganizzazione degli uffici e dei servizi dello Stato.   
1. Gli uffici statali esistenti nei comuni montani possono essere accorpati previo parere dei loro sindaci e dei presidenti delle comunità montane.   
2. I provvedimenti adottati in contrasto con i pareri resi ai sensi del comma 1 devono contenere le ragioni che hanno indotto a discostarsene.

Articolo 23
Art. 23. Deroghe in materia di trasporti.
1. Per i comuni montani con meno di 5.000 abitanti e per i centri abitati con meno di 500 abitanti ricompresi negli altri comuni montani ed individuati dalle rispettive regioni, per i quali non sia possibile organizzare servizi di trasporto secondo le norme vigenti, le regioni autorizzano l'organizzazione e la gestione, da parte dei comuni stessi, del trasporto di persone e di merci di prima necessità, con particolari modalità stabilite con apposito regolamento approvato dal consiglio comunale.

Articolo 24
Art. 24. Informatica e telematica.
1. Le comunità montane possono operare quali sportelli dei cittadini per superare le difficoltà di comunicazione tra le varie strutture e servizi territoriali. A tal fine, le amministrazioni pubbliche ed i soggetti che gestiscono pubblici servizi sono tenuti a consentire loro l'accesso gratuito a tutte le informazioni ed i servizi non coperti da segreto.   
2. L'autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, sentita l'Unione nazionale comuni comunità ed enti montani (UNCEM), predispone le possibili forme di reciproca collaborazione e consultazione.   
3. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, istituisce, nell'ambito del proprio sistema telematico, gli opportuni collegamenti dei servizi d'interesse delle aree montane, con le comunità, i comuni montani e l'UNCEM.   
4. Il Ministro del bilancio e della programmazione economica, entro il 30 settembre di ciascun anno, sentita l'UNCEM, presenta al Parlamento la relazione annuale sullo stato della montagna, con particolare riferimento all'attuazione della presente legge ed al quadro delle risorse da destinare al settore da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nei rispettivi bilanci, su fondi propri o derivanti da programmi comunitari, al fine di conseguire gli obiettivi della politica nazionale della montagna.

Articolo 25
Art. 25. Onere finanziario.
1. All'onere, ivi comprese le minori entrate, derivante dall'applicazione della presente legge, ad eccezione di quanto previsto nell'articolo 2, valutato in lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1994, 1995 e 1996, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1994-1996, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1994, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro quanto all'anno 1994 e quello relativo al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali quanto agli anni 1995 e 1996.   
2. Il Fondo nazionale per la montagna è istituito nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, del quale verrà vincolata una quota per le finalità della presente legge con decreto del Ministro del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con il Ministro del tesoro. In attesa della riforma della finanza regionale, le risorse erogate dal Fondo sono attribuite esclusivamente alle regioni a statuto ordinario e alle regioni e province a statuto di autonomia speciale (1).   
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.   (1) Comma così modificato dall'art. 34, l. 17 maggio 1999, n. 144. 

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